L’UCCELLO CHE SOFFRIVA DI VERTIGINI

Questa è la storia di Loco, un bel pappagallo verde brillante, di origine sudamericana, anzi, per essere precisi, un Parrocchetto, nato a Roma, che soffriva, strano a dirsi, di vertigini.
I suoi compagni lo vedevano sempre camminare per terra, allora tentavano di stimolarlo ad intraprendere il volo, ma, nulla di fatto, non c’era verso, lui non voleva volare, ed il cibo, lo cercava solo ed esclusivamente per terra, come i mammiferi.
Suo padre si vergognava, e ad un certo punto non ce la fece più, e gliene cantò quattro: “lo sai chi sei? Sei un uccello, e gli uccelli hanno come caratteristica principale quella di volare. Mi spieghi perché tu non lo fai? Qual’è il tuo problema?” “Mi vergogno un po’ a dirtelo.” “Ti vergogni? E che sarà mai?” “Va bene, te lo dirò. Ma tu mi dovrai giurare di non dirlo a nessuno.” “Va bene.”
“Soffro di vertigini.” “Cosa? Tu soffri di…vert…ig…hi hi hi…hu hu hu…ha ha ha…”
Ed il padre cominciò a ridere, a ridere, e la risata aumentava sempre più. Ad un certo punto si rotolò a terra sganasciandosi dalle risate. Tant’è che lacrimava, addirittura. Insomma, non c’era verso, non riusciva più a fermarsi.
Allora Loco, adirato, gli voltò le spalle e s’incamminò, con l’idea di allontanarsi il più possibile dalla sua famiglia per farla finita con la vita, una volta per sempre. Non sopportava più questo stato di cose. Era giunto al massimo livello di sopportazione.
Ma, andando in giro esclusivamente a piedi, se la rischiava parecchio, in effetti evitò per un soffio un gatto e un cane che avevano brutte intenzioni nei suoi riguardi.
Intanto il suo cervello pensava e ripensava a come avrebbe potuto farla finita. Ad un certo punto gli venne un’idea: “e se andassi nel punto più alto di Roma e mi buttassi di sotto?”
Tempo addietro, parlando con la buonanima del suo bisnonno Garibaldi (chiamato così perché era l’eroe dei due mondi, arrivato a Roma dal sudamerica, dov’era stato catturato, messo in cattività, venduto e trasportato in Italia, da dove riuscì a fuggire dalla gabbia dove era stato rinchiuso, combattè poi contro gli uccelli nostrani che lo volevano cacciare via, ma, in un modo o nell’altro, vinse tutte le battaglie), seppe che uno dei punti più alti della città era il colle, chiamato Gianicolo, da dove spesso suo bisnonno si affacciava dalla terrazza per godersi il meraviglioso panorama, che, diceva, non ce n’erano di uguali in sudamerica.
Allora Loco si decise ad andarci, per farla finita una volta per tutte.
Chiedendo in giro, a merli, a passeri e a piccioni, evitando accuratamente i gabbiani e le cornacchie, riuscì, faticando non poco, ad arrivare sopra il famoso colle.
E fece come suo bisnonno, salendo, a fatica, sulla balaustra della terrazza. Dopo essersi goduto quello splendido panorama, chiuse gli occhi, mandò mentalmente una richiesta di perdono al dio dei pappagalli, e si buttò.
Mentre cadeva, l’aria gli apriva le ali, allora Loco socchiuse gli occhi e istintivamente sbattè le ali, prima in modo goffo, poi più ritmico, con gli occhi aperti.
E allora si accorse di volare, e vide che era una cosa meravigliosa. Guardando di sotto non aveva più quella brutta sensazione di vertigine.
Le ali ora si muovevano armonicamente, anzi, spesso neanche si muovevano, e lui sfrecciava velocissimo sfiorando le cime dei bei pini romani.
Che splendore, pensò. Ho dovuto toccare il fondo per salire in alto. Ma ne è valsa la pena.
Grazie, vita! E rideva beato, mentre rapido volteggiava, facendo spericolate piroette.
E così lo si vide allontanare in un volo velocissimo, come solo i pappagalli sanno fare, in direzione sud-ovest, verso la terra dei suoi avi, che lui spesso sognava, perché il bisnonno gli raccontava da dove veniva; gli parlava della giungla e dei suoi abitanti, gli narrava di storie sui giaguari, sui caimani, sulle anaconde, sugli altri uccelli coloratissimi che vivevano sopra alberi maestosi, e sulle battaglie dei Parrocchetti contro di loro.
E lui con gli occhi aperti sognava, sognava di andarci a vivere.
Dunque, era finalmente giunta l’ora!
Sentiva che Roma, per quanto bella, non era il suo posto.
Perciò partì, e nessuno dei suoi compagni lo vide più.

Martino Taurino

L’UCCELLO CHE SOFFRIVA DI VERTIGINIultima modifica: 2017-10-24T21:05:17+02:00da martinotaurino
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